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“Vuoi un caffè? Come lo prendi?”

Aggiornamento: 11 dic 2020

Trovare il caffè che ti piace ti sembra impossibile? Forse non hai ancora incontrato la persona giusta.


Non ricordo esattamente il giorno o l’anno in cui provai per la prima volta a bere un caffè, ma di sicuro ero a Napoli a casa dei miei nonni, quelli dalla parte di papà.

Ero molto curioso di assaggiare finalmente la “bevanda dei grandi”. Dopo ogni pranzo di famiglia mia nonna metteva sul fuoco la moka grande e non appena pronto il caffè ne metteva su un’altra.


Onestamente fui sorpreso, quella bevanda tanto profumata la cui preparazione richiedeva così tanta cura e attenzione non mi piaceva… era amara! Ovviamente cosa poteva aspettarsi un ragazzino di 12 o 13 anni?

Crescendo imparai ad apprezzare sempre più il caffè, soprattutto dopo i grandi pranzi delle feste in famiglia.



Quando aprì il mio negozio di caffè, dove vendevo cialde e capsule compatibili, iniziai a conoscerlo molto più a fondo. Iniziai anche a conoscere più a fondo un’altra cosa molto importante che tanti venditori di caffè non prendono in considerazione: il gusto dei clienti.

Cosa voglio dire con questo? Adesso ti spiego.



Come naturale che sia da negoziante mi sono trovato spesso a dare consigli su quale miscela scegliere, rendendomi conto che da un cliente all’altro le esigenze erano totalmente differenti. C’era chi preferiva una miscela forte che gli desse la carica al mattino, chi una più delicata con poca caffeina o anche chi ne cercava una non troppo forte ma neanche troppo leggera.


Prova a pensare a tutte quelle battute su quante persone fanno “richieste strane” ai baristi invece che ordinare semplicemente un espresso. Sottolineo battute perché, certo l’espresso è un emblema della tradizione italiana, ma alla fine sono libero di avere anche altre esigenze.



Con l’avvento delle macchine per espresso nelle nostre abitazioni il mercato delle cialde e capsule di caffè ha iniziato a far gola a molti. Praticamente qualsiasi torrefazione ha cominciato a produrre le proprie cialde o capsule compatibili con le macchinette dei marchi più famosi.



Ovviamente tutti sostengono di utilizzare le migliori materie prime e di avere un prodotto unico. Unico per loro però, perchè non esiste un parametro universale per definire il gusto personale di ognuno. Ad esempio mi è capitato di provare un espresso di un marchio leader delle capsule, le cui miscele hanno provenienze “magiche” e il loro packaging ti fa immaginare di avere tra le mani qualcosa uscito da Tiffany. Non mi è piaciuto per niente, per i miei gusti non era abbastanza denso, non era corposo e il retrogusto amaro mi è rimasto in gola troppo a lungo.



Questo “problema” del gusto è chiaramente influenzato dalle abitudini e anche dal retaggio culturale. Lo si percepisce molto quando si va in un paese straniero, dove la parola caffè in un bar non corrisponde necessariamente ad un espresso.



Quando ho vissuto per un periodo a Sydney, in Australia, non avevo una macchinetta in casa e quindi dovevo soddisfare la mia voglia di caffeina nei bar. Per il primo mese, siccome vivevo lontano dal centro, prendevo il caffè al mattino al bar di un benzinaio.

E che ti aspettavi?!” dirai tu! Be’ di sicuro non avevo grandi aspettative, pian piano però iniziai ad abituarmi a quel sapore e quella consistenza molto lontani da quelli a cui ero abituato.



Cambiando casa e zona mi ritrovai ad acquistare delle capsule compatibili con la macchinetta del mio coinquilino. Il prezzo delle capsule era comunque molto alto nonostante il risultato fosse davvero insoddisfacente, un caffè sempre troppo liquido, senza alcuna traccia di cremina sulla superficie (Le 5 caratteristiche di un caffè perfetto - leggi l’articolo).



Una volta trasferitomi proprio in centro a Sydney trovai, di fronte al portone del mio palazzo, una caffetteria italiana, fondata e gestita da un ragazzo romano che vive a Sydney da molti anni, The coffee box. Avevo già provato qualche altra caffetteria italiana, ma onestamente non ero mai soddisfatto a pieno di quello che bevevo. Invece dal giorno del mio trasferimento in centro trovai “il mio caffè”, il sapore che cercavo, la cremosità che volevo e il bellissimo color nocciola della cremina sulla superficie.



Il proprietario della caffetteria, oltre ad avere la “parlantina” del venditore, era molto attento alle richieste della clientela che formava file assurde ogni mattina davanti al suo piccolo negozio. La scelta della miscela da usare sicuramente è stata una chiave vincente per il suo progetto che ogni giorno offre ai suoi clienti un momento di “calore italiano” in una tazza d’asporto. L’altra chiave (stra)vincente è l’amore per il prodotto e la cura nel trattarlo.



Sono sempre stato appassionato di documentari, ne guardo parecchi e recentemente ne ho visto uno intitolato “A movie about coffee” (Un film sul caffè) che mi ha coinvolto parecchio. Ovviamente lo consiglio, ma non è tradotto in italiano e lo si trova online in inglese.


Di questo documentario alcune cose mi hanno fatto riflettere. Tra le tante immagini che vengono mostrate si vedono i campi in cui il caffè viene coltivato e i lavoratori, tutti abitanti del posto.



Come immaginerai i paesi in cui si producono le bacche che contengono i semi per produrre il nostro espresso al mattino sono posti in cui la povertà abbonda e lavorare nelle piantagioni può offrirti una vita migliore. I passaggi per produrre il caffè partono quindi da un rapporto vitale con la sostanza. Ci sono persone che si prendono cura delle piante che poi si trasformeranno nel contenuto della capsula che io e te ogni mattina utilizziamo.



Nel documentario si parla anche di particolari caffetterie sparse nel mondo, due delle quali a Tokyo. Una, ormai chiusa, Daibo Coffee, il cui proprietario per 38 anni ha regalato momenti magici nella vita frenetica dei giapponesi. La dedizione e la cura che Daibo prestava alla preparazione di ogni singola tazza di caffè si possono paragonare alla precisione con cui un samurai affonda la sua katana. Daibo sceglieva personalmente la tazzina per ogni cliente, macinava accuratamente i chicchi la cui polvere veniva adagiata in un colino di stoffa su cui lentamente versava acqua bollente. Questa passione è stata per lungo tempo un segno di garanzia per la sua clientela.



L’altra caffetteria, Bear Pond Espresso di Kastu Tanaka, è invece più moderna il cui prodotto principale è l’espresso. Il proprietario ama alla follia il suo caffè e non apre il locale fin quando non è convinto che la miscela che sta utilizzando sia quella giusta , quella buona. Cioè se a lui non piace resta chiuso anche per ore.



Io utilizzavo già da molto tempo il caffè che qualche anno fa cominciai a vendere nel mio negozio, quindi ero sicuro di offrire un prodotto di una certa qualità quando lasciavo un assaggio ad un nuovo cliente. La mia soddisfazione, all’infuori del guadagno ovviamente, era il veder tornare in negozio persone che inizialmente si dimostravano titubanti, ma dopo aver provato quanto suggerito dal sottoscritto diventavano miei clienti affezionati (molti lo sono tutt’ora!).



Siamo abituati al fatto che chi vende qualcosa lo fa con il solo fine del guadagno ed un gesto cortese può sembrare finzione, ma ci sono altri motivi per cui ritenersi soddisfatti nel proprio lavoro e nel mio caso non ho mai studiato recitazione.


Ripensando agli esempi che ho riportato in precedenza, sono sempre più convinto di una cosa: potrà sembrare un’ovvietà, ma quando hai a che fare con una persona che conosce e che sa apprezzare davvero il valore del caffè, tienitela stretta. Perchè il caffè non è soltanto una bevanda, è un’esperienza.


1 Comment


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parlatimassimo3
Nov 26, 2020

Bravo Simi👏👏👏👍💪

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